Non capita tutti i giorni di assistere ad una visione quasi paradossale come questa. Una scultura contemporanea all’interno di un importante sito archeologico romano. L’arte di oggi che si inserisce e comunica con il mondo antico.
Gagosian e il Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, hanno dato vita a questa interessante iniziativa, in concomitanza con la prima personale in Italia dell’artista americana ospitata negli spazi della Galleria Gagosian in via Francesco Crispi.
La scultura Split Stone, realizzata quest’anno, appare com un miraggio tra i resti storici della Crypta Balbi. Un grande masso di granito spaccato in due come un geode naturale.
L’artista raffigura l’immagine di un tramonto su ognuna delle due pareti dei due massi, immagine catturata proprio da lei tramite un veloce scatto con il suo iPhone.
La superficie in granito, mediante un tecnica che potremmo definire una sorta di ‘impressionismo contemporaneo’, viene utilizzata per imprimere un fitto reticolato di pixel colorati, che scompongono i colori del tramonto e lo riuniscono nel medesimo istante grazie all’azione unificante della nostra percezione ottica. Un pò come gli impressionisti francesi che realizzavano tele con macchie di colore, che però la retina dell’osservatore sapeva riunire avendo così una visione unitaria dell’opera.
In questo modo la fugacità di un tramonto viene immortalata in pixel su un masso, utilizzando acciaio inossidabile, resina e pigmenti colorati. Il singolo pixel prende vita realizzando minuscole cavità incise, pronte per accogliere il colore. Il gesto di una tradizionale scalpellata in contrapposizione alla velocità con la quale si crea una modernissima immagine mediante l’uso della tecnologia.
Un processo innovativo, che traduce le tecniche di litografia e stampa ad aghi in un lavoro manuale e minuzioso.
‘Nell’era dell’immagine, un dipinto è una scultura. Una scultura è un segno nel tempo’
Alla luce di tutto questo, il processo creativo della Sze diventa estremamente affascinante. Riesce a mettere in luce la dicotomia e il paradosso, unendo l’antico e il moderno, il lento gesto del lavoro manuale e la fugacità di uno scatto con lo smartphone.
Impregnando un’immagine semplice come un tramonto, che tutti almeno una volta abbiamo immortalato nella nostra vita, di un senso di gravità e tempo fisico, l’artista applica il pathos dei resti archeologici alla frenetica cultura dell’immagine di oggi.
In fondo siamo tutti schiavi della tecnologia, non possiamo più vivere senza un cellulare in mano, senza poter condividere le nostre esperienze visive. E’ quasi più importante ‘viverle’ attraverso l’obiettivo di uno smartphone che con i nostri occhi ‘reali’. Sembra quasi che quello che viviamo abbia senso solo se riusciamo a farlo vedere agli altri.
Questa scultura però riesce a ricollocare, in maniera inversa, l’immagine al giusto posto. Uno scatto tecnologico ritorna a vivere impresso nella pietra, con l’utilizzo di tecniche manuali, fermo per sempre sulla sua superficie.
Sembra quasi un monito: non disperdiamo i nostri ricordi. Anche un semplice tramonto fotografato velocemente in vacanza ha la sua importanza. Deve essere ricordato per quello che è, un momento prezioso della nostra vita, e non dei semplici pixel che finiranno in qualche hard disk. Non più memorie esterne, ma solo la nostra memoria personale.
Un ritorno al primordiale, un gesto che vuole ricondurre il senso fugacità verso l’importanza dell’impressione eterna di un’immagine nella nostra memoria, rappresentata in questo caso dal granito.
L’immagine come ricordo fermo e consapevole, come visione nitida di ciò che abbiamo vissuto.
Un processo che in questo caso è enfatizzato anche dalla scelta di introdurre l’opera in un posto dal sapore antico come questo. E questo ci deve far riflettere sul fatto che non dobbiamo sempre distinguere e contrapporre l’arte antica da quella moderna, ma piuttosto farle dialogare, mettendo in atto uno scambio molto utile non solo all’arte in sé, ma soprattutto all costruzione di una consapevolezza del nostro io.
Questa esposizione anticipa l’iniziativa che il Museo Nazionale Romano presenterà nella primavera del 2019. La Crypta Balbi ospiterà infatti due lavori contemporanei site-specific: Elisabetta Benassi realizzerà seimila mattoni d’argilla, e Diego Perrone un volto in pasta vitrea utilizzando tecniche artigianali antiche.
Sarah Sze è nata a Boston nel 1969 e vive e lavora a New York. I suoi lavori sono presenti in prestigiose collezioni di tutto il mondo, come il Museum of Modern Art, New York; Solomon R. Guggenheim Museum, NewYork; Whitney Museum of American Art, New York; Museum of Contemporary Art, Chicago; San Francisco Museum of Modern Art; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; e Fondation Cartier pour l’art contemporain, Parigi. Tra le recenti mostre istituzionali: Triple Point, Padiglione USA, 55° Biennale di Venezia (2013, poi al Bronx Museum of the Arts, New York, nel 2014); All the World’s Futures 56a Biennale di Venezia (2015); Timekeeper, Rose Art Museum, Brandeis University, Waltham, MA (2016, poi al Copenhagen Contemporary, Danimarca, nel 2017); e Centrifuge, Haus der Kunst, Monaco di Baviera (2017).
Nella sua mostra in corso presso la Galleria Gagosian, la Sze amplifica la materia delle immagini digitali attraverso una nuova serie di dipinti e una video-installazione. Scomponendo le particelle d’inchiostro e luce che compongono ogni figura, stampata, proiettata o dipinta, mette in moto un ‘migrazione’ dallo schermo alla tela e all’architettura, per poi fare il percorso inverso.
Crypta Balbi, una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, nasce da un grande scavo di archeologia urbana e racconta le trasformazioni della città dall’età romana ai giorni nostri attraverso la storia di un isolato: quello dove sorse in età augustea il teatro di Balbo (13 a. C.), partendo dall’antichità per raggiungere il XX secolo, passando per il medioevo e l’età moderna, quando venne costruita la chiesa di Santa Caterina dei Funari. Il Museo ha inglobato i sotterranei con i resti romani e, in particolare, la monumentale Crypta Balbi, esedra d’accesso al teatro Balbi.
Sarah Sze alla Crypta Balbi
Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi
in collaborazione con Gagosian
22 novembre 2018 – 27 gennaio 2019
Sarah Sze
Gagosian Gallery, Rome
13 ottobre 2018 – 12 gennaio 2019