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Qualche tempo fa, partecipando a un vernissage organizzato in via della Spiga a Milano, ho conosciuto LILLO CIAOLA, artista che ha trasformato in arte il suo amore per la tecnologia informatica.

La tecnologia applicata alle arti visive sta trasformando l’arte. Oggi, anche solo assistendo a spettacoli teatrali, si può spesso osservare l’utilizzo di schermi dove sono proiettate le immagini che servono sia per arricchire la scenografia, sia per rendere lo spettacolo più coinvolgente. Inoltre stanno sempre più diffondendosi le mostre 3d interattive.

Insomma la tecnologia può sia arricchire l’esperienza artistica sia diventare essa stessa un’esperienza artistica. Infatti, l’arte digitale, o digital art per gli amanti dei raffinati anglicismi, nasce nel 1950 con l’elaborazione di software per computer che permettono di realizzare l’immagine dal principio oppure di modificarla prendendola da altre sorgenti, come la scansione di una fotografia o un’immagine disegnata.

Lillo mi ha fatto conoscere da vicino questo nuovo stile reso possibile dall’avanzamento della tecnica. Attraverso l’intervista mi ha spiegato non solo il suo stile artistico, ma anche e soprattutto il significato profondo di ciò che fa.

Come nasce la tua passione?

Sono sempre stato affascinato dalle Arti visive. Da ragazzo ho maturato un particolare interesse per il mondo della pubblicità, caratterizzato dalla ricerca dell’originalità del messaggio che s’intende trasmettere attraverso l’uso di pochi fotogrammi dal forte impatto visivo e comunque in un tempo limitato. Così con l’acquisto del mio primo PC e della mia prima macchina fotografica, ho iniziato a muovere i primi passi in questo mondo. La passione per l’illustrazione nasce come “effetto collaterale” della realizzazione dei fotomontaggi: per loro creazione facevo delle bozze che utilizzavo come promemoria per non dimenticare le idee che avevo intenzione di realizzare. A un certo punto ho sviluppato queste bozze, trasformandole in illustrazioni. Da quel punto in poi, l’illustrazione, da elemento di “passaggio” in una forma successiva, diventa il fulcro del mio interesse e la mia vera passione.

Quale è il tuo stile grafico?

Mi muovo principalmente su due stili grafici. In una serie d’illustrazioni, i contorni delle ambientazioni e dei soggetti rappresentati non sono perfettamente definiti. Dei personaggi non si distinguono i lineamenti del viso e molti dettagli, ma soltanto la silhouette e qualche particolare degli indumenti. Gli elementi del paesaggio, non sempre sono in scala e la prospettiva non è rispettata. Si tratta di rappresentazioni oniriche, situazioni inventate, in una realtà che, per quanto colorata e dinamica, nasconde angoscia, inquietudine e instabilità. Il movimento ed il caos sono elementi essenziali in questa serie di illustrazioni. Nell’altro filone d’illustrazioni, il paesaggio perde importanza. Raffiguro il personaggio nella pienezza del dettaglio. Si tratta di rivisitazioni in chiave pop art di oggetti dall’uso comune, animali, frutta, personaggi noti o opere d’arte, anche in questo caso in atteggiamenti, situazioni, contesti surreali o mentre compiono azioni improbabili per il ruolo che comunemente gli viene attribuito. I colori, soprattutto quelli dello sfondo, sono accesi in modo di dare ancora maggior rilievo al personaggio.

Dimmi qualcosa sull’utilizzo dei colori.

I colori devono valorizzare la situazione che cerco di rappresentare e risaltare i personaggi. Sono colori accesi e brillanti. Prediligo passaggi cromatici forti e netti. Limito l’utilizzo di sfumature.

Chi sono i personaggi? Come li scegli?

Cerco di umanizzare oggetti e animali, di raffigurarli in una versione bizzarra o semplicemente alternativa e, dal mio punto di vista, esteticamente bella, provo a rendere stravaganti e buffi personaggi che in realtà sono impersonificazione di paure. Nel momento in cui scelgo un personaggio, scelgo l’emozione che esso deve suscitare e cerco di traslarla in chiave umoristica. Spesso traggo ispirazione da una battuta, da un modo di dire, dall’osservazione di un oggetto, di un frutto, di un’opera d’arte. 

Che cosa vuoi tramettere con le tue opere?

Il mio scopo è di suscitare una risata, ironizzando e cercando di far riflettere su quali siano i vizi o i difetti del genere umano, senza i quali la singola persona sarebbe vuota di ogni caratterizzazione che la rende unica.

Descrivimi i tuoi lavori.

David’s banana È un omaggio a quella che secondo me è l’opera d’arte più bella mai realizzata dall’uomo. Senza l’intento di voler sminuire la meravigliosa opera rinascimentale, né di ridicolizzarla, l’illustrazione rimanda alle attenzioni per l’organo genitale maschile. Utilizzo l’opera che, nonostante la sua perfezione, è in qualche caso oggetto di facile ironia. Dunque nella mia rappresentazione il David esce da sotto la buccia del frutto che simbolicamente rappresenta il bersaglio di derisione e propone il frutto stesso allo spettatore, sperando che almeno quello sia sufficientemente grande per soddisfare le sue aspettative. Far uscire una statua da sotto la buccia di un frutto, assume anche la valenza di sorpresa, il trovarsi di fronte l’inaspettato.

Con il Tuffo dell’asino voglio invece comunicare l’estraneità e il disagio.Siamo costantemente spinti, tirati dentro, in situazioni che non ci si addicono e delle quali non facciamo parte. In un sistema che obbliga alla competizione, siamo giudicati per abilità che non ci competono e non per ciò che le nostre possibilità e attitudini ci permettono di fare. In pochi casi ci ribelliamo ma spesso non resta che provare a stare a galla.

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