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Passeggiando tra le strade del Pigneto, quartiere romano caro al neorealismo italiano, ci imbattiamo in un faccione disegnato su un muro in via Fanfulla da Lodi. E’ l’opera Io so i nomi dello street artist romano Omino 71, che raffigura Pier Paolo Pasolini in veste di supereroe, con il volto coperto da una maschera che riporta la famosa frase ‘Io so i nomi’. Si tratta dell’incipit del celebre articolo che l’intellettuale bolognese pubblicò sul ‘Corriere della Sera’ il 14 novembre del 1974, una anno prima della sua morte. Un pezzo di denuncia sociale e politica, nel quale Pasolini urlava di essere a conoscenza dei nomi dei responsabili della deriva dello Stato italiano.

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti (…)

Il linguaggio artistico di Omino 71 mescola icone del rock, del pop, del fumetto e in generale del mondo della cultura. E anche in questo caso l’operazione è decisamente ben riuscita: l’atto di denuncia di Pasolini diventa un gesto epico, da supereroe, come una sfida di un temerario guerriero solitario contro i potenti. Un paladino della verità, un Capitan American nostrano. Un Pasolini molto Marvel.

Certamente la scelta di raffigurare un’opera del genere proprio qui non è casuale. Il Pigneto è un quartiere caro a Pier Paolo Pasolini. Nel 1961, quando lo scelse per le riprese del suo celebre film Accattone, non era alla moda come oggi, pieno di locali, bar, night club, negozi alternativi e artisti, ma semplicemente un borgo di case popolari. Ovviamente conosceva bene la famosa scena della morte di Anna Magnani in Roma città apertadel grande Rossellini, ambientata proprio in questo quartiere, come ricordano anche questi suoi versi del ’61, provenienti dalla raccolta La religione del mio tempo:

Ecco…. la Casilina su cui tristemente si aprono le porte della città di Rossellini… ecco l’epico paesaggio neorealista, coi fili del telegrafo, i selciati, i pini, i muretti scrostati, la mistica folla perduta nel daffare quotidiano, le tetre forme della dominazione nazista… Quasi emblema, ormai, l’urlo della Magnani, sotto le ciocche disordinatamente assolute, risuona nelle disperate panoramiche, e nelle sue occhiate vive e mute si addensa il senso della tragedia.

Quindi Pasolini scelse questo quartiere per riconnettersi a modo suo alla grande tradizione del Neorealismo italiano, e da quel momento questo posto, che oggi è un po’ il Greenweech Village romano anche grazie a lui, è rimasto indissolubilmente legato alla sua figura. Certo non è il massimo vedere il suo nome svenduto nei bar, nei locali e nei b&b, per fare pubblicità e attirare i turisti.

Ma operazioni artistiche come quelle di Omino 71 fanno invece ricordare, anche se in modo dissacrante ed ironico, le importanti battaglie di Pasolini, imprimendole sui muri di un città che oggi più che mai avrebbe bisogno di supereroi come lui.

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